prova

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giovedì 4 giugno 2015

DA URO A POCCA!

La prima volta in cui ho ascoltato gli URO, mi hanno lasciato disorientato. La musica strumentale non l’ho mai capita fino in fondo: belle atmosfere sì, ma l’assenza di una voce facevo fatica a concepirla! Prevenuto come non mai, mi sono quindi fidato del parere della mia socia Mini Pimer, che già conosceva il gruppo e mi invitava ad ascoltarlo, quindi a settembre ho assistito per la prima volta ad un loro concerto. Il disorientamento non è qualcosa da intendere in maniera negativa: ogni volta che si approccia qualcosa di nuovo e insolito siamo disorientati ed è normale sia così! Ascoltandoli, ho capito che la voce non è poi sempre fondamentale e che l’unione di “sfoghi sonici e cinematismi post-rock, mesmerismi math e scenari ambient, malignità kraut e diluizioni psych” (non sarei mai riuscito da solo ad arrivare a tanto, quindi mi sono affidato alle fonti ufficiali della band) non mi dispiaceva affatto, anzi…
Ho iniziato quindi ad informarmi sugli URO e ho scoperto che: sono nati a Lecce nel 2011; nel 2012 si sono esibiti sul palco dell’Italia Wave, dopo aver vinto le selezioni regionali in Puglia; nel 2013 hanno pubblicato il loro primo EP URO.
Di recente li ho rivisti con le mie KreTine in occasione della presentazione del loro nuovo EP Pocca! e proprio in quest’occasione ho deciso che sarebbe stato un bene parlarne nel nostro blog.

Da poco è uscito il vostro ultimo EP Pocca!, nato dalla collaborazione con il duo elettronico .corridoiokraut. La fusione di rock e suoni elettronici sembra essere la tendenza del momento: come nasce la vostra collaborazione? E quali sono le altre novità rispetto al precedente EP URO?

I .corridoiokraut. altro non sono che il progetto “kraut-elettronico” (con tantissime virgolette) di Alberto, il nostro batterista, e Michele (per gli amici Rafelo). La collaborazione è nata alla vigilia delle registrazioni dei brani. Come URO avevamo a disposizione tre pezzi inediti per una durata di circa una trentina di minuti ed eravamo intenzionati a mettere tutto “nero su bianco”. Allo stesso tempo però non volevamo che l’urgenza di registrare sfociasse in un lavoro che avrebbe potuto essere incompleto per certi versi. Così, dato che nei nuovi brani era già presente una piccola deriva, diciamo così, “psych-ambient”, l’idea di uno split fra i due gruppi era dietro l’angolo. E così abbiamo riarrangiato parzialmente i brani in modo da far combaciare le diverse sonorità dei due gruppi e farne emergere i punti in comune più che le contrapposizioni, far suonare tutto come se fosse opera di un unico gruppo allargato insomma. A questo aspetto poi abbiamo dedicato molto tempo durante la preparazione del live.





La dimensione “live” sembra essere a voi molto congeniale. Tra i grandi palchi e i piccoli club in genere si preferiscono i secondi per il loro fascino, ma si aspira giustamente ai primi: quali ricordi vi portate dietro dall’esperienza su un grande palco come quello dell’Italia Wave? E nei piccoli club vi sono capitati episodi particolari durante i live?

L’attività live è la base di tutto. Un gruppo non può dirsi tale se non si esibisce dal vivo. I piccoli club, al di là del fascino, sono di fatto l’unico modo che ha una band per farsi le ossa e per farsi conoscere. Ci sono ogni giorno persone che spendono tempo, soldi e fatica in tanti piccoli locali e circoli in tutta Italia per promuovere un certo tipo di musica ed un certo tipo di band.
Non so se per quanto ci riguarda quella di Arezzo Wave si possa definire un’esperienza da grande palco. Certo, è stata una delle nostre prime uscite fuori regione a pochi mesi dalla formazione del gruppo, ed è servita molto anche a “far girare” il nome URO, ma guardando strettamente all’esibizione, abbiamo visto giornate dell’arte con più gente. Purtroppo fummo assegnati al palco mattutino e quindi di fatto eravamo solo noi, i tecnici (che, ad onor del vero, sono stati eccellenti ed estremamente professionali) e gli altri “sfortunati” gruppi.
Ricordiamo invece con estremo piacere l’esibizione al Festival Yeahjasi! a San Vito dei Normanni: grande palco, tanta gente interessata, bell’atmosfera.
Per quanto riguarda l’aneddotica relativa ai piccoli locali, potremmo citare quella volta che Alberto è caduto dal palco, oppure quell’altra in cui Jory si è ritrovato senza scarpe a metà concerto oppure quella serata in cui c’è stato uno struzzo che si aggirava fra gli spettatori. True story!


Il rock strumentale in Italia non è un genere molto diffuso, mentre all’estero gruppi come gli scozzesi Mogwai e i  canadesi Godspeed You! Black Emperor sono molto apprezzati, non solo dalla critica. Pensate che in Italia un genere come il vostro possa trovare uno spazio maggiore nel tempo?

La critica musicale, in Italia e non, soprattutto a livello “underground” va da sempre a ondate. Per un periodo si esalta un genere, poi un altro ed un altro ancora e di solito le band vanno e vengono. Poi ci sono gruppi come quelli che hai citato tu che li vedi dal vivo e ti asfaltano, che i generi li hanno creati, e lì non c’è critica che tenga.
L’Italia, dalla sua, riserva una sorpresa musicale in ogni angolo, progetti e musicisti svincolati da qualsiasi tipo di cliché. Non credo che vedremo mai sui principali mass-media tali persone. Senza scomodare alcuna teoria complottista, non li vedremo semplicemente perché alla maggior parte delle persone queste cose non interessano.
Alla fine non è questione di gruppi che fanno un genere piuttosto che un altro, ma di attitudine.
Lo spazio che potrà esserci in futuro per gruppi con quest’approccio “libero” alla musica, se tutti facciamo la nostra parte, è quello dei locali di cui parlavamo prima. Se si andrà ai concerti nei locali, se si compreranno i dischi delle band e così via, i posti in cui si suona live aumenteranno e così i gruppi che popoleranno questi locali.    


L’estate è alle porte e con essa arrivano i grandi Festival europei e italiani. Vi vedremo suonare in eventi estivi? E avete date in programma a cui tenete in particolare?

Attualmente non abbiamo grandi eventi alle porte, se non qualche live in zona. Purtroppo abbiamo anche dei “lavori veri” a cui stare dietro e riuscire a far combaciare tutti gli impegni è spesso molto difficile. In compenso però stiamo lavorando su un nuovo video di cui avrete notizie molto presto.


Ultima domanda: il grande perché delle KreTine! Perché nell’EP Pocca! una traccia si intitola gemelleOlsenOlsen? Anche voi siete rimasti traumatizzati dalle commedie trash anni ’90 di cui erano protagoniste le gemelline americane?   

L’evoluzione e la crescita delle gemelline ha turbato profondamente tutti noi e questo turbamento cosmico non poteva che riversarsi nelle spaziali melodie del pezzo.
In realtà, smettendo di essere faceti, il brano è parte di un concept più ampio, di cui fa parte anche l’altro pezzo .hoppiciolla., un concept basato sulla parodia dei titoli dei pezzi dei Sigur Ros, gruppo con cui condividiamo i connotati nordici.





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