La
prima volta in cui ho ascoltato gli URO,
mi hanno lasciato disorientato. La musica strumentale non l’ho mai capita fino
in fondo: belle atmosfere sì, ma l’assenza di una voce facevo fatica a
concepirla! Prevenuto come non mai, mi sono quindi fidato del parere della mia
socia Mini Pimer, che già conosceva il gruppo e mi invitava ad ascoltarlo,
quindi a settembre ho assistito per la prima volta ad un loro concerto. Il
disorientamento non è qualcosa da intendere in maniera negativa: ogni volta che
si approccia qualcosa di nuovo e insolito siamo disorientati ed è normale sia
così! Ascoltandoli, ho capito che la voce non è poi sempre fondamentale e che
l’unione di “sfoghi sonici e cinematismi post-rock, mesmerismi math e scenari
ambient, malignità kraut e diluizioni psych” (non sarei mai riuscito da solo ad
arrivare a tanto, quindi mi sono affidato alle fonti ufficiali della band) non
mi dispiaceva affatto, anzi…
Ho
iniziato quindi ad informarmi sugli URO e
ho scoperto che: sono nati a Lecce nel 2011; nel 2012 si sono esibiti sul palco
dell’Italia Wave, dopo aver vinto le
selezioni regionali in Puglia; nel 2013 hanno pubblicato il loro primo EP URO.
Di
recente li ho rivisti con le mie KreTine in occasione della presentazione del
loro nuovo EP Pocca! e proprio in quest’occasione ho deciso che sarebbe stato
un bene parlarne nel nostro blog.
Da poco è uscito il vostro ultimo EP Pocca!, nato dalla collaborazione con il
duo elettronico .corridoiokraut. La fusione di rock e suoni elettronici sembra
essere la tendenza del momento: come nasce la vostra collaborazione? E quali
sono le altre novità rispetto al precedente EP URO?
I .corridoiokraut. altro non sono che il
progetto “kraut-elettronico” (con
tantissime virgolette) di Alberto, il nostro batterista, e Michele (per gli
amici Rafelo). La collaborazione è nata alla vigilia delle registrazioni dei
brani. Come URO avevamo a
disposizione tre pezzi inediti per una durata di circa una trentina di minuti
ed eravamo intenzionati a mettere tutto “nero su bianco”. Allo stesso tempo
però non volevamo che l’urgenza di registrare sfociasse in un lavoro che
avrebbe potuto essere incompleto per certi versi. Così, dato che nei nuovi
brani era già presente una piccola deriva, diciamo così, “psych-ambient”, l’idea di uno split fra i due gruppi era dietro
l’angolo. E così abbiamo riarrangiato parzialmente i brani in modo da far
combaciare le diverse sonorità dei due gruppi e farne emergere i punti in
comune più che le contrapposizioni, far suonare tutto come se fosse opera di un
unico gruppo allargato insomma. A questo aspetto poi abbiamo dedicato molto
tempo durante la preparazione del live.
La dimensione “live” sembra essere a voi
molto congeniale. Tra i grandi palchi e i piccoli club in genere si
preferiscono i secondi per il loro fascino, ma si aspira giustamente ai primi:
quali ricordi vi portate dietro dall’esperienza su un grande palco come quello
dell’Italia Wave? E nei piccoli club vi sono capitati episodi particolari
durante i live?
L’attività
live è la base di tutto. Un gruppo non può dirsi tale se non si esibisce dal
vivo. I piccoli club, al di là del fascino, sono di fatto l’unico modo che ha
una band per farsi le ossa e per farsi conoscere. Ci sono ogni giorno persone
che spendono tempo, soldi e fatica in tanti piccoli locali e circoli in tutta
Italia per promuovere un certo tipo di musica ed un certo tipo di band.
Non
so se per quanto ci riguarda quella di Arezzo Wave si possa definire
un’esperienza da grande palco. Certo, è stata una delle nostre prime uscite
fuori regione a pochi mesi dalla formazione del gruppo, ed è servita molto
anche a “far girare” il nome URO, ma
guardando strettamente all’esibizione, abbiamo visto giornate dell’arte con più
gente. Purtroppo fummo assegnati al palco mattutino e quindi di fatto eravamo
solo noi, i tecnici (che, ad onor del vero, sono stati eccellenti ed
estremamente professionali) e gli altri “sfortunati” gruppi.
Ricordiamo
invece con estremo piacere l’esibizione al Festival
Yeahjasi! a San Vito dei Normanni: grande palco, tanta gente interessata,
bell’atmosfera.
Per
quanto riguarda l’aneddotica relativa ai piccoli locali, potremmo citare quella
volta che Alberto è caduto dal palco, oppure quell’altra in cui Jory si è
ritrovato senza scarpe a metà concerto oppure quella serata in cui c’è stato
uno struzzo che si aggirava fra gli spettatori. True story!
Il rock strumentale in Italia non è un
genere molto diffuso, mentre all’estero gruppi come gli scozzesi Mogwai e
i canadesi Godspeed You! Black Emperor
sono molto apprezzati, non solo dalla critica. Pensate che in Italia un genere
come il vostro possa trovare uno spazio maggiore nel tempo?
La
critica musicale, in Italia e non, soprattutto a livello “underground” va da
sempre a ondate. Per un periodo si esalta un genere, poi un altro ed un altro
ancora e di solito le band vanno e vengono. Poi ci sono gruppi come quelli che
hai citato tu che li vedi dal vivo e ti asfaltano, che i generi li hanno
creati, e lì non c’è critica che tenga.
L’Italia,
dalla sua, riserva una sorpresa musicale in ogni angolo, progetti e musicisti
svincolati da qualsiasi tipo di cliché. Non credo che vedremo mai sui
principali mass-media tali persone. Senza scomodare alcuna teoria complottista,
non li vedremo semplicemente perché alla maggior parte delle persone queste
cose non interessano.
Alla
fine non è questione di gruppi che fanno un genere piuttosto che un altro, ma
di attitudine.
Lo
spazio che potrà esserci in futuro per gruppi con quest’approccio “libero” alla
musica, se tutti facciamo la nostra parte, è quello dei locali di cui parlavamo
prima. Se si andrà ai concerti nei locali, se si compreranno i dischi delle
band e così via, i posti in cui si suona live aumenteranno e così i gruppi che
popoleranno questi locali.
L’estate è alle porte e con essa
arrivano i grandi Festival europei e italiani. Vi vedremo suonare in eventi
estivi? E avete date in programma a cui tenete in particolare?
Attualmente
non abbiamo grandi eventi alle porte, se non qualche live in zona. Purtroppo
abbiamo anche dei “lavori veri” a cui stare dietro e riuscire a far combaciare
tutti gli impegni è spesso molto difficile. In compenso però stiamo lavorando
su un nuovo video di cui avrete notizie molto presto.
Ultima domanda: il grande perché delle
KreTine! Perché nell’EP Pocca! una
traccia si intitola gemelleOlsenOlsen?
Anche voi siete rimasti traumatizzati dalle commedie trash anni ’90 di cui
erano protagoniste le gemelline americane?
L’evoluzione
e la crescita delle gemelline ha turbato profondamente tutti noi e questo
turbamento cosmico non poteva che riversarsi nelle spaziali melodie del pezzo.
In
realtà, smettendo di essere faceti, il brano è parte di un concept più ampio,
di cui fa parte anche l’altro pezzo .hoppiciolla.,
un concept basato sulla parodia dei titoli dei pezzi dei Sigur Ros, gruppo con cui condividiamo i connotati nordici.
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