Per
chi ha vissuto nel pieno degli anni ’90, sentir parlare di HIV è stato più che
normale.
Un
decennio funestato da scomparse illustri, come il leader dei Queen Freddie Mercury, e in cui la cultura
pop ha rivestito un ruolo di straordinaria importanza nella lotta contro la
diffusione del virus, basti pensare a film come “Philadelphia” di Jonathan Demme o al proliferare di
personaggi sieropositivi nelle serie tv più amate dell’epoca (da Beverly
Hills, a Merlose Place). Oggi in Italia il clamore mediatico si è
spento, ma il virus dell’HIV continua a diffondersi nel silenzio: la
popolazione sieropositiva italiana ha raggiunto le 130.000 unità e si
registrano 3.500 nuovi casi ogni anno. Si stima inoltre che più di uno su
dieci non è ancora consapevole della propria condizione, mettendo gravemente a
rischio non solo la propria salute, ma anche quella dei partner.
A
riportare al centro del dibattito nostrano un tema così delicato, è un film
francese in uscita nelle sale: “120 Battiti al Minuto” di Robin Campillo. La
pellicola racconta le battaglie degli attivisti di Act
Up-Paris, associazione impegnata negli anni ’90 nella lotta contro le case
farmaceutiche, responsabili della mancata diffusione di cure adeguate per i
malati, e contro la mancanza di attenzione della società civile sul tema.
A
più di vent’anni di distanza, abbiamo chiesto ad un giovane sieropositivo
italiano di raccontarci la sua storia, per capire come il nostro Paese affronta
oggi una questione di così vitale importanza. F. ci ha chiesto di mantenere
l’anonimato perché teme ripercussioni per il suo lavoro e i suoi cari e già
questo ci fa capire quanto ancora siano forti i pregiudizi in tema di HIV in
Italia.
Partiamo dalla domanda che penso ti sia
stata rivolta più spesso: come hai scoperto di essere sieropositivo? Raccontaci
la tua storia!
Voglio
fare una premessa: non sono omosessuale, perché spesso si associa erroneamente
il virus all’omosessualità! Ho 28 anni e due anni fa mi svegliai con la febbre
alta e le placche in gola. Pensavo ad una banale influenza e dopo pochi giorni
di cure in effetti guarii. Un mese dopo, feci delle analisi e richiesi anche il
test dell’HIV per stare più tranquillo: il risultato fu positivo! Ho passato
mesi d’inferno cercando di capacitarmi di quanto successo e quale delle mie
partner occasionali mi avesse trasmesso il virus. Come prima cosa, contattai la
mia ragazza dell’epoca, che saputa la notizia mi lasciò di lì a poco. Iniziai
le cure, che ad oggi continuo, e solo nell’ultimo anno posso dire di aver
accettato la mia condizione, anche se gli alti e bassi sono sempre tanti e
difficilmente racconto la mia storia per paura di essere vittima di pregiudizi
e cattiverie gratuite.
Quali sono stati i cambiamenti più
importanti nella tua vita quotidiana? E come si sono evoluti i tuoi rapporti
sociali dopo aver appreso della tua sieropositività?
I
rapporti meno forti non hanno retto alla notizia della mia sieropositività: la
mia ragazza in primis, come dicevo prima, e poi alcuni amici, scomparsi nel
nulla. La mia famiglia mi è stata molto vicina, in particolare mio fratello
maggiore, che ogni giorno mi chiama per sincerarsi che abbia preso le mie
pillole. Più che gli altri, sono cambiato io nel mio modo di relazionarmi alle
persone: non sarò mai la persona che ero prima del virus!
Hai sentito parlare del “bugchasing”,
pratica folle che consiste nel ricercare rapporti sessuali non protetti con
persone sieropositive per contrarre così il virus? Cosa ti senti di dire a chi
mette a rischio la propria vita per una stupida moda?
Ho
letto su molti blog e community annunci in cui si ricercavano persone
sieropositive con cui avere rapporti non protetti per contrarre il virus: la
cosa mi ha fatto rabbrividire, soprattutto pensando a chi, come me, si è
ritrovato in una condizione senza averla scelta consapevolmente. Il mio
pensiero è rivolto più che altro alla prevenzione, vero tema di interesse
nazionale, perché è necessaria in Italia una maggiore informazione, a partire
dalle scuole, dove i ragazzi necessitano di un’educazione sessuale consapevole:
solo così si potrà realmente porre un freno alla diffusione del virus dell’HIV!
Cosa consiglieresti ad un ragazzo della
tua età che dovesse contrarre il virus oggi?
Di
farsi coraggio e affrontare la situazione a testa alta. Consiglio di rivolgersi alle associazioni che si occupano di sieropositività in Italia, anche
solo per confrontarsi con chi lotta da tempo con il virus. Per il resto, non mi
sento di dare ulteriori consigli.
Come vedi la tua vita da qui a
vent’anni?
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