Se
nella prima metà degli anni ’90 vi è capitato di assistere a scene di delirio
collettivo, con ragazzine urlanti e piangenti ad occupare le strade e a
presidiare l’ingresso di alberghi romani o milanesi, sappiate che la causa di
tali fenomeni paranormali erano loro: i Take
That. Il gruppo, nato nel 1990 nella ridente cittadina di Manchester, ha
sconvolto le vite (e gli equilibri ormonali) di milioni di teenager italiane ed
è stato causa di picchi di omosessualità rilevanti nella popolazione maschile
che ha vissuto la sua adolescenza in quegli anni. Basti pensare al video di Pray,
in cui i cinque ragazzi adornano mezzi nudi uno scenario da favola e ogni tanto
vengono travolti da getti d’acqua o si rotolano nella sabbia, panandosi come
delle cotolette.
Come
nella migliore tradizione popparola, ogni ragazza aveva il suo Take That
preferito, quello che ad ogni sua apparizione provocava pianti e scenate
isteriche, la cui icona (poster gigante a grandezza naturale) andava
gelosamente custodita in camera. Dei cinque componenti originari, i più
apprezzati erano due: Robbie Williams,
causa del primo scioglimento della band dopo la sua prematura uscita dal gruppo
nel 1995, che incarnava lo stereotipo del “bad boy” alla Dylan di Beverly Hills,
ma con un tocco di follia in più; Mark
Owen, che incarnava invece lo stereotipo del bravo ragazzo, viso angelico,
capello biondo e aria da fidanzatino che piace tanto alle mamme. Tra i due
opposti, Gary Barlow, autore della
maggior parte dei testi della band, Howard
Donald e Jason Orange, dei quali
non ricordo le doti, ma uno dei due aveva i dread forse.
I Take That sono come i gatti: hanno
avuto diverse vite, ma dopo vari scioglimenti e reunion sono tutt’ora attivi
musicalmente. Quelli che ci interessano maggiormente sono quelli attivi tra il
1990 e il 1995, degli album Everything Changes e Nobody
Else e di singoli che hanno accompagnato i nostri sculettamenti di
quegli anni (Relight my fire e Sure su tutti). Chi non ha scritto
sul diario struggenti lettere d’amore con alle orecchie le cuffiette del
walkman e le tristi note di Back for good?
L’Italia
fu sconvolta da questo fenomeno come non lo era stata dai tempi dei Duran
Duran. Ricordo
un Sanremo con Pippo Baudo intento a frenare i bollori delle ragazzine presenti
nella platea dell’Ariston. Soprattutto non dimenticherò mai una puntata di Non
è la Rai in cui
erano ospiti e le ragazze erano più scatenate del solito, tipo cavalle drogate
prima di una corsa! Quando nel 1995 Robbie Williams decise di lasciare il
gruppo, per un’intera generazione il cuore cessò di battere per un istante: non
era infarto, ma la consapevolezza che stava finendo un’epoca, quella della spensieratezza,
degli amori da diario e della musica dai walkman. I quarantenni che girano oggi
per l’Europa non fanno che accrescere quel senso di vuoto e di nostalgia in
milioni di ex teenager made in ‘90s: meglio ricordare il passato, quello dei
goderecci anni ’90, piuttosto che affogare nel triste presente!
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