È
il 17 maggio del 1990 quando l’Organizzazione mondiale della Sanità cancella
l’omosessualità dall’elenco dei disturbi mentali. L’auspicio era che questo
atto avesse potuto porre fine ad anni di pregiudizi e violenze contro la
comunità omosessuale: così non è stato! In 86 Paesi dell’ONU, infatti, i
rapporti tra persone dello stesso sesso sono ancora criminalizzati e in 7 di
questi Paesi (Cina, Arabia Saudita, Yemen, Afghanistan, Iran, Emirati Arabi
Uniti, Nigeria) è prevista la pena di morte.
A vent’anni
di distanza, il 17 maggio 2005, Louis-Georges Tin organizzò la prima Giornata Internazionale contro l’omofobia
e, due anni dopo, nel 2007, l’Unione Europea l’ha ufficializzata, celebrandola il
17 maggio.
Ogni
giorno assistiamo però ad atti di violenza contro le persone omosessuali, per
non parlare dell’ipocrisia che spesso vige su questo tema e non aiuta di certo
a sconfiggere i pregiudizi.
L’ultimo
caso a far discutere l’opinione pubblica è quello avvenuto in occasione del
Concerto del Primo Maggio a Roma. Durante l’esibizione del gruppo Lo Stato Sociale sarebbero dovute
salire sul palco sei coppie (di ogni orientamento) che avrebbero dovuto
baciarsi sulle note di In due è amore, in
tre è una festa. Alle coppie in questione è stato però impedito di salire
sul palco perché sarebbe stato inopportuno trasmettere un bacio prolungato in
fascia protetta. Nei giorni successivi sono divampate le polemiche per la
presenza di coppie gay, che avrebbe fatto pensare ad una censura di carattere
omofobico. Lo Stato Sociale ha tenuto a precisare che tale censura ha colpito anche
le coppie etero. Il dubbio però resta, considerati i casi analoghi in casa Rai:
dai tagli al film Brokeback Mountain,
alla più recente mancata messa in onda di un episodio della fiction tedesca Un ciclone in convento, in cui il
matrimonio tra due uomini veniva celebrato proprio in un convento.
Abbiamo
chiesto un parere sul tema dell’omofobia a Dario
Accolla, insegnante e creatore del blog Elfobruno
– Il lato fucsia della forza, giornalista presso Il Fatto Quotidiano e autore del recente Omofobia, bullismo e linguaggio giovanile (Villaggio Maori
Edizioni, Catania, 2015).
Cosa pensi dell’episodio accaduto in
occasione del Concerto del Primo Maggio? Lo Stato Sociale ha precisato che la
censura era per il bacio prolungato in fascia protetta e non per la presenza di
coppie gay, ma il dubbio resta dati i precedenti in casa Rai: pensi ci sia
stata dell'ipocrisia nel motivare la decisione con "niente baci in fascia
protetta"?
Non
sapremo mai come sono andate realmente le cose, visto che si sono susseguite
dichiarazioni, smentite, rettifiche, ecc. Al di là del fatto in sé, e volendo
propendere per la buona fede di tutti i protagonisti di questa vicenda, va
anche ricordato che la RAI
ha più volte censurato idee e atteggiamenti che non piacciono al pensiero
dominante. Non posso quindi dire che ci sia stata censura, ma non mi stupirebbe
(purtroppo) se certe scelte fossero motivate da pregiudizio contro le persone
LGBT.
Da professore hai un contatto quotidiano
con i ragazzi e hai raccontato di un tuo alunno vittima di bullismo da parte
dei suoi compagni perché gay: ci sarà mai quella tanto auspicata “svolta
culturale” in Italia di cui dovrebbero farsi portatrici proprio le nuove
generazioni?
La
svolta culturale c’è già e la dobbiamo alle energie che il movimento LGBT, per
quanto sgangherato, e che le singole persone della gay community hanno profuso per migliorare la condizione di tutti e
tutte noi. Se vediamo programmi come Grey’s
Anatomy in tv, se a Sanremo si fa testimoniare le coppia gay che andrà a
sposarsi a New York, se ci si indigna per le affermazioni omofobiche di questo
o quel calciatore o se ci si può dichiarare sul posto di lavoro è perché la
società ha incamerato il concetto che l’omofobia è un’aberrazione del pensiero,
come il razzismo o l’antisemitismo. Il problema è, semmai, politico. Il nostro
movimento non fa paura perché non è forte e i nostri partiti si dimostrano
ancora inconcludenti rispetto alla questione dei diritti.
Pensi che le recenti dichiarazioni di
personaggi pubblici come Dolce e Gabbana e Giorgio Armani contribuiscano ad
alimentare i pregiudizi e costituiscano un ostacolo nella lotta
all’omofobia?
Di
sicuro rafforzano lo stigma contro le persone LGBT e alimentano preconcetti
assurdi. Va notato, tuttavia, che il loro pensiero – di cui, personalmente
parlando, mi vergogno in loro vece – si è potuto propagare perché i media sono
alla ricerca di quel sensazionalismo per cui trattare la questione omosessuale
come elemento di gossip. Per un Armani che dice certe nefandezze c’è un giornale
che gli offre lo spunto per fare un certo tipo di affermazioni. Il problema sta
tutto lì ed è un problema di ritardo culturale di cui il nostro intero sistema
di informazione dovrà rispondere, prima o poi.
Sul tuo blog Elfobruno – Il lato fucsia della forza, ti occupi da tempo di
omofobia e di recente hai dedicato al tema l’opera Omofobia, bullismo e linguaggio giovanile. Domenica è la Giornata Internazionale
contro l'omofobia e la transfobia: pensi arriveremo mai un giorno a non averne
bisogno?
I
progressi sui diritti delle donne, l’abolizione della schiavitù o la fine del
lager non hanno impedito al pensiero razzista, misogino, antisemita di
proliferare. Fa parte dei limiti dell’essere umano. È più semplice arroccarsi a
un certo tipo di pensiero. È comodo essere come un Salvini o una Binetti
qualsiasi. È più difficile essere un Martin Luther King. Credo che forse un
domani non avremo più bisogno delle rivendicazioni, ma ci sarà sempre bisogno di
ricordare, una volta ottenuti pari dignità e accesso ai diritti, che le
conquiste vanno difese. O rischiamo di perderle. Basta vedere cosa sta facendo
questo governo con i diritti di chi lavora, per fare un solo esempio. Noi
abbiamo il dovere morale di arrivare all’uguaglianza e di tutelarla in un
secondo momento. O vinceranno i Salvini e le Binetti qualsiasi. E questo non
possiamo permetterlo.
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