Il
cibo è condivisione. Ce lo insegnavano i nostri nonni, che in tempi di guerra
ne avevano ben poco, hanno conosciuto la fame vera, eppure non disdegnavano di
donare il poco cibo che avevano ai partigiani o agli yankees nascosti nelle
campagne: un gesto giusto secondo la cultura contadina e di buona educazione
dicevano.
Oggi
il cibo ritorna ad essere condiviso in una forma nuova, che sfrutta le
potenzialità della Rete per innovare un’idea antica come il mondo: è il
fenomeno del Social Eating.
Trattasi
di cene con sconosciuti, organizzate in case private, che sfruttano il passaparola online e il lavoro di
portali e siti web creati appositamente per promuovere tali eventi, i quali si
occupano anche della gestione delle prenotazioni. A fronte di migliaia di
richieste, infatti, tali eventi possono coinvolgere poche persone, sia per la
dimensione “casalinga” di questi convivi improvvisati, sia per l’obiettivo che il
Social Eating si pone di raggiungere: consentire alla persone di socializzare,
utilizzando il cibo come occasione di incontro e di scambio. Il fenomeno nasce
negli Stati Uniti per creare occasioni in cui condividere con sconosciuti oltre
le proprie esperienze personali, anche quelle professionali, favorendo possibili collaborazioni lavorative.
Le
regole del Social Eating sono semplici: cerchi online l’evento (in genere una cena) che più fa
al caso tuo e prenoti tramite mail; ti presenti al luogo e all’ora stabiliti, cercando di
essere puntuale e portando con te una bottiglia di vino; socializzi con le altre persone presenti all’evento,
anche se trattasi di sconosciuti; a fine evento lasci il tuo contributo, che varia ovviamente a seconda
del menù.
In
Italia il fenomeno ha iniziato a diffondersi più di recente, grazie al lavoro
di siti specializzati, che offrono un ampio calendario di eventi tra cui
scegliere e gestiscono le prenotazioni. Il più famoso di questi siti è Gnammo e abbiamo deciso di rivolgerci
ad uno dei suoi cofondatori, Walter
Dabbicco, per capire meglio questa nuova realtà.
Il fenomeno del Social Eating si sta
diffondendo a macchia d’olio anche in Italia ultimamente. Quando avete creato
Gnammo, avevate intuito le potenzialità di un fenomeno che se all’estero aveva
avuto grande successo, in un Paese tradizionalista come il nostro poteva
rappresentare una grossa incognita?
Agli
inizi il timore era tanto, l’italiano è tanto ospitale quanto geloso dei suoi
spazi. Ma con il passare del tempo e piatto dopo piatto, abbiamo visto come si
sia fatta largo una voglia bellissima e naturale di tornare ad incontrarsi dal
vivo, attorno alla tavola, per scoprire nuovi sapori ma anche nuovi amici!
Gnammo è indicato ormai dagli esperti
del settore come il primo e più importante sito web ad occuparsi di Social
Eating. Come nasce l’idea e quali sono state le difficoltà maggiori che avete
incontrato, specie all’inizio del vostro percorso?
Senza
dubbio le difficoltà tecniche sono state le più grandi! Un conto sono delle
belle slides e le pacche sulle spalle, un altro è cercare fondi per creare una
società che stesse in piedi a tutti gli effetti. I primi mesi di crescita della
community sono stati davvero difficili, ma poi grazie ad una grande pazienza ed
al sostegno di un’ importante istituzione come l’incubatore del Politecnico di
Torino, abbiamo trovato persone competenti che hanno aiutato il nostro
Cristiano Rigon a mettere in colonna i
numeri.
Le
difficoltà “di contesto” sono state altrettanto importanti: “aprire casa propria ad un estraneo? Giammai!”. Ma questo è stato, ed è, per me che mi
occupo del marketing e della comunicazione di Gnammo, assieme a Gian Luca
Ranno, una sfida affascinante.
Il cibo è sicuramente la tendenza del
momento in Italia. EXPO 2015 lo ha assunto come tema centrale, mentre in tv
proliferano show dedicati alla cucina. In particolare, gli chef sembrano essere
le nuove star del momento: cosa pensi di questa “food-mania” dilagante e quale
chef-star ti piacerebbe avere nei vostri
eventi?
Ah
beh, il mio sogno resta il buon Antonino Cannavacciuolo, ma mi rendo conto che
una bellezza come quella di Alessandro Borghese potrebbe procurare un doppio
vantaggio!
In
molti hanno attribuito al boom del tema del food la crescita di Gnammo, io la
identifico come una delle componenti, ma quella principale resta ancora la
voglia di incontrarsi e vivere esperienze food fuori dal comune.
Secondo te, il Social Eating avrà vita
lunga o come tutte le mode potrebbe alla lunga scemare?
Faccio
gli scongiuri e ti dico che nel Paese con la più grande cultura culinaria del
Mondo il Social Eating non potrà far altro che crescere.
Dopo aver conquistato l’Italia, quali
sono i prossimi obiettivi di Gnammo?
Per
la fine di quest’anno sono previsti i primi test all’estero. Speriamo di
riuscire a convincere gli Inglesi a pronunciare bene il nome di Gnammo!
Grazie
per lo spazio concessoci e…buon appetito!
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